Negli ultimi anni, l’Italia ha dovuto affrontare un problema serio e crescente noto come “caporalato”, un sistema informale di reclutamento e sfruttamento di manodopera, in base al quale il “caporale”, in cambio di un corrispettivo e per conto di un proprietario di un’azienda, ingaggia dei lavoratori, sfruttando lo stato di necessità e bisogno in cui essi si trovano.
La legge 29 ottobre 2016, n. 199, dal titolo “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” ha introdotto importanti novità in materia di contrasto al fenomeno del “caporalato”. Il provvedimento, si applica soprattutto ma non unicamente al settore agricolo ed ha previsto maggiori garanzie per la tutela della dignità dei lavoratori, intervenendo con alcune innovazioni sotto il profilo penale.
Il Legislatore, con la legge 29 ottobre 2016, n. 199, riformula la fattispecie di cui all’articolo 603-bis c.p. e inserisce il reato di caporalato nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001.
Art. 603 bis c.p.: “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”
Le fattispecie di reato richiamate dall’art. 603 bis c.p., hanno visto un ampliamento della sfera dei soggetti attivi del reato con l’estensione della punibilità non solo al “caporale”, ma anche al datore di lavoro.
Al comma 1, art. 603-bis c.p. infatti si parla delle due diverse fattispecie incriminatrici: la prima relativa al cd. “caporale”, cioè a colui che si occupa del reclutamento della manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di necessità dei lavoratori; la seconda diretta ai datori di lavoro, i quali utilizzano, assumono o impiegano manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro “stato di bisogno”.
La responsabilità delle persone giuridiche
Per il reato di caporalato commesso a vantaggio o nell’interesse dell’impresa da parte di un soggetto in posizione apicale o subordinata, sussiste un’ipotesi di responsabilità delle persone giuridiche ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001. In pratica, risponde anche l’ente, che rischia l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, nonché una sanzione interdittiva di durata non inferiore a un anno.
All’art. 6 del D. Lgs. 231/2001., il legislatore ha espressamente previsto l’esclusione della responsabilità a carico dell’Ente se prova che:
- l’organo dirigente ha adottato ed attuato con successo, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione capaci di prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
- non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo.
L’attuazione di Modelli Organizzativi
Le imprese hanno quindi l’esigenza di adottare Modelli organizzativi atti a prevenire la realizzazione del reato di caporalato. Di particolare importanza dal punto di vista della redazione e dell’aggiornamento dei modelli sono i processi di ricerca, reclutamento e inserimento del personale e il processo di gestione dei fornitori.
Per ciò che riguarda le imprese che abbiano già adottato un modello organizzativo, è necessario che, nell’aggiornare i propri modelli di organizzazione, gestione e controllo, le stesse prendano in considerazione oltre al proprio ambiente di lavoro, anche gli appalti in cui sono, il più delle volte, impiegati lavoratori non altamente qualificati e specializzati che si trovano in “stato di necessità”.
Il datore di lavoro che sceglie, a scopo preventivo, di adottare il Modello, dovrà dotarsi anche dei Codici etici e dovrà nominare un Organismo di Vigilanza (OdV) interna, previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b, D. Lgs. 231/2001. L’OdV, quindi, in una visione preventiva, è chiamato a monitorare l’intera gestione del personale aziendale.
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